CERTIFICATI IN GIRO PER L’EUROPA
Corre il mercato primario in Italia grazie alla spinta dei certificati con cedola mentre il secondario recupera posizioni in Europa.
Con quasi 4 miliardi di euro di controvalore collocato nei primi tre trimestri, il 2013 si appresta a diventare l’anno migliore per raccolta da quando, nel 2006, l’Associazione degli Emittenti di Certificati e Prodotti strutturati ( ACEPI) ha iniziato ad elaborare i dati aggregati dei propri associati. E’ quanto emerge dalle ultime statistiche pubblicate dall’Associazione sul proprio sito web ( www.acepi.it) e presentate in occasione della Trading Online Expo dello scorso ottobre, la manifestazione organizzata da Borsa Italiana in occasione della quale sono stati inoltre mostrati al pubblico per la prima volta i risultati di una ricerca condotta dalla stessa ACEPI, su dati forniti da Certificati e Derivati, sull’analisi delle performance riportate a scadenza dai certificati Bonus ed Equity Protection nell’ultimo quinquennio. L’exploit in termini di raccolta si è registrato in particolare nel secondo trimestre, con un miliardo e mezzo di euro spalmati su ben 110 certificati collocati, cifre e numeri che sono diretta conseguenza di una diffusione crescente in ambito di gestione di portafoglio delle tipologie di prodotto maggiormente richieste. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno il numero di ISIN emessi è cresciuto del 35%, 110 contro 81 emissioni, mentre il controvalore collocato è praticamente raddoppiato, segno tangibile che le strutture proposte hanno riscosso maggiore interesse tra le reti di distribuzione bancarie e private. E se è vero che gli Associati ad ACEPI rappresentano la larga maggioranza del mercato ( Banca IMI, Barclays, BNP Paribas, Deutsche Bank, RBS, Société Générale e Unicredit) , va considerato che esiste un nutrito gruppo di emittenti che opera continuativamente sul mercato italiano che rimane al di fuori delle statistiche elaborate dall’Associazione e che pertanto non fa che accrescere il giro d’affari dell’industria dei certificati.
Sviscerando i dati si nota come anche nel 2013 siano stati i prodotti con protezione condizionata del capitale a catturare la percentuale maggiore di emissioni e di raccolta. La tendenza è ormai consolidata e trova giustificazione nel fatto che è proprio nelle emissioni a rendimento migliorato, o in quelle di tipo Express, o ancora in quelle in grado di riconoscere un flusso cedolare superiore al dividend yield dei relativi sottostanti a cui implicitamente si rinuncia, che gli investitori riescono ad individuare le maggiori potenzialità di rendimento associate al contenimento del rischio in ottica di gestione della componente azionaria del proprio portafoglio. Tuttavia, se negli ultimi due anni la percentuale appannaggio dei certificati a capitale protetto condizionato era stata costantemente superiore al 72% sul totale del controvalore collocato, in questi primi nove mesi del 2013 si è assistito a un ritorno di fiamma delle emissioni a capitale protetto che hanno sottratto a quelle con protezione condizionata oltre il 10% del controvalore complessivo. Protagonista del cambiamento di tendenza è stata una particolare tipologia di prodotto, classificata come Annual Digital, che a fronte della protezione incondizionata del capitale alla scadenza è in grado di riconoscere altresì un elevato flusso cedolare condizionato o garantito, un mix che ha gradualmente permesso a tale struttura di soppiantare i classici Bonus nella classifica in termini di collocato.
Più nel dettaglio, nei primi tre trimestri la tipologia degli Express ( certificati con opzione di rimborso anticipato) ha catturato la metà dei volumi raccolti dagli intermediari con 1.858 milioni sui 3.876 totali mentre ben distanziata figura quella degli Equity Protection, con 713 milioni, seguita dagli Annual Digital con 637. Si fermano invece a 306 milioni di raccolta i Bonus. Se tuttavia si restringe il campo di osservazione all’ultimo trimestre, si nota come siano stati proprio gli Equity Protection la tipologia di certificati più sottoscritti, con 514,52 milioni di euro ( pari al 47% del totale), seguiti dagli Express con 448 milioni ( il 40%) e dagli Annual Digital con 106,19 milioni ( pari al 9% del totale).
UNA PANORAMICA EUROPEA
Se sul primario le cifre parlano chiaro e fotografano un mercato in piena salute, sul secondario non si può dire altrettanto. Nel corso di questi anni è maturata la consapevolezza che gli “investment products” non sono prodotti da trading bensì più da risparmio o da gestione, sebbene il CedLAB abbia dimostrato più volte come si possano creare delle opportunità di investimento anche nella fase di quotazione. Tuttavia, l’avvento dei certificati a leva fissa, inseriti opportunamente nel segmento dei “leverage products” ha fatto sì che nell’ultimo periodo anche il mercato secondario di Borsa Italiana abbia registrato un’impennata dei volumi di contrattazione all’interno del Sedex. Rimanendo nell’ambito dei certificati di investimento è inoltre da sottolineare come la crescita sostenuta del controvalore collocato abbia comportato un conseguente incremento dei volumi , sviluppatisi prevalentemente per esigenze di liquidazione. Una panoramica del mercato secondario è fornita periodicamente a livello europeo da EUSIPA, l’associazione “ombrello” di cui fanno parte la stessa ACEPI, la DDV tedesca, la svizzera SVSP, la AFPDB francese, la SETIPA svedese e la Zertifikate Forum Austria.
Lo scopo principale di EUSIPA è coordinare le iniziative di trasparenza a livello europeo e supportare la definizione, l’adozione di standard di mercato e migliorare la trasparenza di mercato su base globale. Il monitoraggio dei mercati secondari dei rispettivi Paesi membri permette ad EUSIPA di generare dei report trimestrali utili per delineare le tendenze dell’industria di prodotto a livello europeo. Che la Germania sia il mercato di riferimento dei certificati di investimento è noto, ma fa sempre un certo effetto per chi osserva dall’Italia scoprire che alla fine del primo semestre 2013 erano ben 427.820 gli “investment products” quotati su un totale di 444.876 dell’area dei Paesi membri EUSIPA. Poco più di 11.500 sono invece i prodotti quotati sul mercato svizzero mentre in Italia ci si ferma a 1.137. Numeri che raggiungono vette inesplorate se ci si trasferisce all’interno del segmento dei “leverage products”, di cui fanno parte oltre ai certificati anche i warrant, con un totale di 616.525 strumenti quotati di cui 557.929 nella sola Germania.
Complessivamente il turnover generato sul segmento dei prodotti di investimento ha registrato una crescita dell’8,3% nel secondo trimestre rispetto al primo e del 24% rispetto allo stesso periodo del 2012. Ma la sorpresa arriva proprio dal confronto con il secondo trimestre dello scorso anno, se si guarda ai dati non aggregati: infatti, se il turnover è cresciuto anno su anno del 7,11% in Germania ed è crollato dell’86% sul mercato francese, è in Italia che si è osservato il rialzo maggiore, con una variazione del 181%. Crescita replicata dal segmento dei leverage, con una variazione del 190% y/y, in netta controtendenza con il -7,32% del mercato secondario tedesco.
Infine osservando i dati viene da chiedersi se l’offerta “monstre” di prodotti di investimento sul mercato tedesco trovi riscontro nel turnover generato o se piuttosto i 233.426 certificati con payoff a “partecipazione” , ovvero i classici Bonus o Twin Win, o i 190.892 certificati a rendimento migliorato, ovvero i Discount, Barrier Discount o Bonus Cap siano solo il risultato di una maggiore semplificazione delle procedure di quotazione rispetto ad altri mercati. La risposta è nel rapporto tra il numero di strumenti quotati e il turnover: mentre in Italia il turnover tra aprile e giugno è stato pari a 999 milioni di euro su 1.137 certificati, pari a un controvalore medio di 878.000 euro per certificato, in Germania i 6.858 milioni distribuiti su 427.820 strumenti hanno generato un turnover medio di 16.030 euro per certificato. Considerazione valida anche se si guarda al rapporto tra le due grandezze sul mercato svizzero, dove la media per certificato risulta essere di 383.000 euro, per effetto di 4 miliardi e 446 milioni di turnover generati su 11.587 strumenti quotati nel segmento investment.