TOBIN TAX LIGHT SUI CERTIFICATI
Partirà dal 1 luglio e graverà in maniera marginale sulle transazioni in certificati. Chiarita ufficialmente la definizione di nozionale.
A partire dal 1 marzo, tutte le transazioni finanziarie di acquisto di azioni italiane di società con capitalizzazione non inferiore a 500.000 euro, alle quali non fa seguito la vendita entro la stessa seduta di negoziazione, ovvero non in intraday, sono soggette all’applicazione della Tobin Tax. La tassazione è pari allo 0,12% del controvalore investito (0,10% dal 2014) e viene prelevata direttamente dall’intermediario soltanto all’acquirente. Per i certificati di investimento, dopo la proposta avanzata dall’Associazione degli Emittenti di Certificati e Prodotti di Investimento ( ACEPI), integralmente accolta dal Ministero dell’Economia, si è finalmente in grado di definire quali saranno i criteri di determinazione del prelievo e su quali tipologie di strumento finanziario andrà a gravare. L’introduzione della Tobin Tax sui certificati di investimento, in quanto assimilabili a strumenti derivati, avverrà a partire dal prossimo 1 luglio e riguarderà esclusivamente i certificati che hanno per sottostante azioni italiane o panieri di queste, o indici la cui prevalenza di azioni italiane sia di almeno il 50% ( il FTSE Mib ). Il criterio prevalente è pertanto la residenza dell’azione sottostante e non quella dell’emittente o del mercato di quotazione. Per far luce definitivamente e in maniera inequivocabile sull’effettiva incidenza della Tobin Tax sulle transazioni in certificati, ci siamo rivolti nuovamente alla Prof.ssa Giovanna Zanotti, Segretario Generali di ACEPI.
CJ : A distanza di qualche settimana dall’ultima nostra conversazione, siamo costretti a tornare sull’argomento Tobin Tax. La proposta avanzata dall’Associazione, in merito al concetto di nozionale per certificati e covered warrant, è stata accolta integralmente dal Ministero dell’Economia. A questo punto si può quindi ufficialmente delineare il criterio di applicabilità dell’imposta. Prof.ssa Zanotti, può aiutarci a riassumere cosa deve aspettarsi un investitore che sceglie di acquistare un certificato?
“Nel decreto attuativo della FTT emanato ha prevalso un criterio di uniformità e semplicità. In accordo a quanto chiesto anche da ACEPI nel documento di consultazione inviato al MEF in risposta alla consultazione pubblica, l’applicazione dell’aliquota prevista già nella legge approvata lo scorso Dicembre, avverrà sul controvalore negoziato. Ovvero i risparmiatori pagheranno un’aliquota calcolata su un ammontare definito dal prodotto tra il prezzo del Certificato e il numero di Certificati oggetto di negoziazione. Questo varrà per tutte le categorie di Certificati che hanno come sottostante azioni italiane o indici con prevalenza di azioni italiane ( più del 50%). La tassa dovrà essere pagata indipendentemente dal mercato in cui viene effettuata la transazione, dall’emittente, e dalla residenza dell’investitore. Ciò che conta è la “residenza del sottostante”. Quindi saranno soggetti alla FTT i Certificati emessi da qualsiasi emittente se sottostanti azioni italiane. I certificati negoziati su un mercato ( e questo vale per tutti i derivati) saranno soggetti ad una aliquota ridotta di 1/5 rispetto ai Certificati negoziati OTC. Questo come riconoscimento della maggiore liquidità e tracciabilità delle operazioni sui mercati.
Lo sforzo di ACEPI nel partecipare alle consultazioni aperte dal Ministero è stato quello di arrivare ad una soluzione applicativa della tassa che fosse semplice e coerente con le modalità di funzionamento del mercato. Riteniamo che la soluzione raggiunta sia soddisfacente e, nonostante le tasse non siano mai “amate”, non troppo onerosa almeno in termini di procedure implementative e di modalità di calcolo per gli investitori.”