LA BCE TIRA LE RETI

I tempi sono maturi per un rientro dei prestiti straordinari concessi con il programma LTRO. Assenti per ora le banche italiane….

Francoforte rende noto che 278 banche commerciali hanno dato via alla prima tranche del rimborso ai finanziamenti ricevuti nell’ambito del programma LTRO. L’operazione, che aveva visto a cavallo tra dicembre 2011 e febbraio 2012 elargire prestiti a tre anni a tutti gli istituti di credito europeo a un tasso di finanziamento pari all’1%, si era conclusa con un controvalore superiore ai 1000 miliardi di euro, di cui il 61% circa nella casse spagnole e italiane.  Il neo presidente della Banca Centrale Mario Draghi salvò così in calcio d’angolo non solo la stabilità dell’intera area euro ma anche i paesi periferici da un default preannunciato da rendimenti sovereign alle stelle.  Un’eccellente dribblata tanto necessaria quanto non sufficiente a calmierare  tanto la mancanza di fiducia sul mercato interbancario quanto la speculazione sulle piazze finanziarie, diretta soprattutto verso il comparto bancario, già nell’occhio del ciclone. L’ulteriore mossa del buon Draghi fu quindi quella di annunciare a sei mesi dalla fine del programma LTRO la volontà di salvare l’euro, ormai ridotto ai minimi contro il green back, a tutti i costi, gettando così le basi a quel programma salva spread che, raffreddando i rendimenti sui titoli sovrani, diede nuova linfa al settore creditizio dei periferici, principali finanziatori dei rispettivi stati di appartenenza. La scelta poi lo scorso luglio di azzerare il tasso d’interesse pagato sul deposito overnight presso la Banca Centrale vista la scarsa trasmissione di moneta, spinse gli istituti di credito con il miglior stato di salute a valutare il costo opportunità di tali depositi.

Con le borse sull’ottovolante ed un mercato obbligazionario sia sovrano che corporate in piena forma, la finestra concessa dalla Banca Centrale per il rimborso dei finanziamenti è stata subito seguita dall’annuncio di numerosi istituti di credito del Nord Europa, come Commerzbank o BNP Paribas, di rimborso della propria quota. Il segnale di solidità patrimoniale e di capacità di raccolta autonoma, dettata presumibilmente dalla capacità degli stessi di potersi finanziare ad un tasso altrettanto competitivo quanto quello previsto da Francoforte, ha tuttavia spostato l’attenzione sugli “astenuti” alla chiamata della BCE. L’istituto centrale ha infatti annunciato che il 30 gennaio sarà rimborsato il 28% dei 489 miliardi della prima operazione di rifinanziamento, per un controvalore di 137,2 miliardi. In particolare d’ora in poi i rimborsi potranno avvenire settimanalmente e da fine febbraio le banche potranno cominciare a pagare la seconda operazione triennale da 529 miliardi. In ogni caso l’annuncio ha colto di sorpresa gli analisti, che avevano stimato l’importo del primo rientro a  84 miliardi, segnalando così il fatto che le condizioni dell’interbancario sono migliorate e le banche possono nuovamente accedere al mercato obbligazionario. Gli istituti che infatti hanno chiesto i finanziamenti al tasso Bce dell’1% a scopo unicamente precauzionale, finendo poi per lasciarli in deposito presso la BCE a tasso zero, hanno quindi deciso di mettere fine alla perdita e di inviare un forte segnale all’esterno della propria solidità patrimoniale e capacità di raccolta indipendente dalla fornitura di liquidità BCE. Ma se a ripagare saranno principalmente le banche più solide, il rischio reputazionale in termini di funding per le restanti rimane alto, creando un possibile precedente in termini di moral hazard, ovvero annunciare un rientro del prestito, facendo tuttavia leva sulle operazioni di rifinanziamento  settimanali e a tre mesi messe a disposizione da Francoforte.

 Gli effetti macroeconomici di tale rientro, nonché della liberazione di collaterale saranno avvertiti tuttavia dall’intero settore del credito europeo. In una congiuntura economica dove le principali banche centrali, quali Bank Of Japan e Federal Reserve sono in piena fase espansiva, la scelta della Banca Centrale di stringere il proprio stato patrimoniale ha determinato un immediato incremento dei tassi d’interesse. L’Euribor a 3 mesi a partire dai primi rumors sulla liberazione di collaterale da parte di Francoforte si è lanciato in una spike rialzista mentre l’euro continua a rafforzarsi contro le principali valute. Esemplare il recupero di terreno nei confronti del franco svizzero, con un cambio ora a quota 1,2414, ben lontano da quella  soglia degli 1,20 a cui era rimasto ancorato da aprile a settembre.

Passando dallo scenario macro alla situazione italiana, lo scandalo che ha colpito Monte dei Paschi di Siena, il più antico istituto di credito al mondo e le perplessità relative alla natura della compagine politica che emergerà dalla prossime elezioni di febbraio, sembrano scivolare addosso non solo alle aste obbligazionarie ma anche alla performance dei principali istituti di credito italiani, quali Unicredit e Intesa San Paolo, che contano insieme circa il 16% del paniere di 40 titoli sottostante all’indice FTSE Mib. I due erano stati inoltre tra i principali protagonisti del programma LTRO. Intesa Sanpaolo la più attiva con un prelievo di 24 miliardi di euro, ovvero il 4,5% del totale mentre più cauto l’istituto di Piazza Cordusio. Grazie ad un ritrovato appeal da parte degli investitori sui rispettivi titoli corporate, la riduzione del costo del funding ha allentato il cordone tra le due banche e Francoforte, lasciando i rispettivi titoli azionari veleggiare su Piazza Affari.

 

UNICREDIT

Significativo l’andamento di Unicredit dai minimi di periodo toccato la scorso luglio. Il titolo di Piazza Cordusio sta infatti gettando le basi per un ulteriore allungo dopo aver raddoppiato il proprio valore dal bottom estivo a 2,33 euro, lasciando intravedere la possibilità di ritornare ai prezzi del 2011. Un modo alternativo per agganciarsi al treno del rialzo potrebbe essere quello di investire su uno di quei certificati dati ormai come virtualmente rotti,  ovvero su un Express di Deutsche Bank ( DE000DE2ZTF2) che da qui alla scadenza di settembre potrebbe esplodere al rialzo, amplificando la performance del titolo. A fronte di un valore del sottostante pari a 4,86 euro ( dati rilevati al 30 gennaio) , il certificato presenta attualmente un profilo quasi lineare: in virtù della presenza di una data di osservazione intermedia residua il prossimo 2 aprile, il prezzo lettera di 40,6 euro incorpora un premio del 3% rispetto alla quotazione del sottostante. Ma poiché alla scadenza naturale del prossimo 30 settembre è previsto il rimborso dei 100 euro di nominale per valori di Unicredit non inferiori a 7,41 euro, il certificato potrebbe amplificare un potenziale rialzo del titolo bancario pari al 52,5% trasformandolo in un guadagno del 146%. Se tuttavia il titolo fallisse nel raggiungere la soglia knock in, nel breve periodo qualsiasi rialzo dell’azione sarebbe accolto del certificato con una reattività maggiore.

INTESA SANPAOLO

Il principale creditore del debito italiano, dopo essere tornato nell’area dei minimi del 2009 lo scorso luglio toccando la quota degli 0,878 euro, ha intonato un lungo rally che l’ha portato ad un complessivo recupero di oltre il 70%, fino a tagliare la soglia degli 1,50 euro per azione.  Sulla scia della tenuta dei livelli correnti, l’Express di Deutsche Bank scritto su Intesa Sanpaolo con rilevazione il prossimo 15 febbraio (DE000DE81326) risulta tra gli investimenti mordi e fuggi più interessanti considerando le scadenze di brevissimo termine. All’appuntamento con la seconda data autocallable infatti, il certificato si estinguerà automaticamente con un rimborso pari a 115,85 euro se il prezzo di chiusura del titolo bancario non sarà inferiore a 1,483 euro a cui è stato rilevato il livello strike. In caso di mancato evento trigger si dovrà aspettare la prossima finestra autocallable, fissata al 16 agosto, per poter ottenere il rimborso dei 100 euro di nominale maggiorati di un coupon di 23,775 euro. Sono tuttavia previste sei ulteriori date di rilevazione intermedia con coupon a memoria del 7,93% prima della naturale scadenza fissata al 15 febbraio 2017 dove la tenuta del livello strike comporterà un rimborso complessivo di 179,250 euro. In caso di mancata verifica, il valore nominale sarà garantito fino ad un valore di Intesa Sanpaolo non inferiore alla barriera, posta a 0,7415 euro. In caso contrario, la performance si aggancerà a quella del sottostante con un rimborso massimo pari a 50 euro. A fronte di un valore del sottostante pari a 1,533 euro ( dati rilevati al 30 gennaio), il certificato è esposto ad un prezzo lettera di 114,85 euro, lasciando quindi spazio ad un profitto dello 0,87%, equivalente a circa il 20% su base annua.