La Libia manda in tilt Piazza Affari
La follia repressiva del colonnello Gheddafi non manca di ripercuotersi sui mercati (e anche sulle tasche dei consumatori con nuovi rincari dei prezzi della benzina a seguito del rally del petrolio). Piazza Affari, il parterre borsistico maggiormente legato alla vicenda Libia, è stata la più colpita dalle vendite e ha dovuto fronteggiare martedì un blocco delle contrattazioni senza precedenti. Indici milanesi in tilt in avvio e rimasti chiusi per problemi tecnici sui sistemi di informativa per ben 6 ore e mezza per un anomalo avvio in coincidenza con quello di Wall Street.
Blocco ben superiore a quello avvenuto lo scorso 7 maggio (che si era limitato a poco più di un’ora) ma analogo per scenario poiché avvenuto anche allora in un contesto di mercato con i nervi tesi. Nella convulsa mattinata di ieri si è arrivati a pensare a un blocco legato ai problemi in terra libica che in un certo senso permettesse agli investitori di ragionare più a mente fredda circa le possibili ripercussioni della crisi libica sulle blue chip del Belpaese visto l’ingente numero di partecipazioni in società italiane da parte della Libia (Eni, Unicredit e Juventus), oltre che i numerosi progetti presenti e futuri di alcune nostre società in terra libica. Alla fine il temuto tracollo di Milano non è avvenuto con un calo finale nell’ordine dell’1% dopo il pesante -3,59% di inizio settimana. Ma le ripercussioni delle crescenti tensioni in Medio Oriente hanno fatto ritracciare dai massimi anche le altre Borse, Wall Street compresa. Mercati che nella convulsa due giorni di inizio ottava hanno messo in secondo piano le positive indicazioni arrivate dal fronte macro, con in primis il nuovo record toccato dall’indice Ifo tedesco, le risultanze oltre le attese degli indici Pmi europei e il balzo ai massimi a 3 anni dell’indice che misura la fiducia dei consumatori statunitensi.
L’aumento dell’avversione al rischio ha riacceso i riflettori su beni rifugio quali oro, yen e franco svizzero.
Movimento anomalo invece per l’euro che nelle ultime 24 ore ha ripreso ad apprezzarsi sull’aumento della pattuglia dei membri della Bce che si mostrano inclini a un ritocco al rialzo dei tassi. Nel meeting di settimana prossima la Bce potrebbe dimostrarsi meno accomodante di quanto lo sia stata a inizio febbraio, anche se usare parole dure sui tassi non implica necessariamente agire nel breve, anche perché non può dimenticarsi dei problemi delle regioni periferiche dell’Eurozona.