CIELO GRIGIO SOPRA BERLINO
Anche la Germania di Angela Merkel comincia a dare i primi segni di rallentamento. Uno sguardo d’insieme al quadro economico finanziario della locomotiva europea.
La morsa alla crescita economica bussa alle porte di Francoforte. Come era d’aspettarsi, la crisi del debito dei paesi periferici sta pesando sulle prospettive di crescita della Germania, cuore geografico ed economico del Vecchio Continente. L’ultimo dato relativo all’indice ZEW per il mese di novembre ha sorpreso gli analisti con un deludente -15,7 dai -11,5 del mese di ottobre. Benché le aspettative sull’economia della locomotiva teutonica continuino ad essere caute dalla metà dell’anno, anche il PMI ha deluso le aspettative di mercato, segnalando un clima di sfiducia sia tra gli esperti che tra le imprese. In merito al Purchasing Manufacturing Index, un recente studio di Deutsche Bank osserva come all’interno dell’area euro si assista ad una sostanziale convergenza, avvantaggiata dalla delocalizzazione, tra le economie periferiche e quelle più mature. Se tuttavia per i PIIGS, la conseguente spinta alla competitività offerta da tali risultati è di fatto frenata dall’imposizione del pareggio di bilancio e dalle altre misure di austerity, diverso è lo scenario per le big, quali Francia e Germania. Queste infatti, insieme ai Paesi Bassi, rappresentano gli unici membri dell’eurozona a vantare una posizione di creditore nei confronti della Banca Centrale. Le casse tedesche poi, hanno un peso degli interessi sul debito pari al 19,6 % ( quello italiano è pari al 23,1%), a fronte di un rapporto debito/ Pil dell’81,20% ( 126% quello italiano). Il panic selling che si è scatenato sul mercato obbligazionario in meno di un anno e mezzo ha di fatto più che dimezzato il rendimento sui Bund decennali, ora a quota 1,3522% spingendo addirittura gli upside delle emissioni di debito a 2 e 3 anni durante la scorsa estate in territorio negativo , offrendo alle casse tedesche il modo di abbattere notevolmente la curva obbligazionaria sulle scadenze di breve. La debolezza della domanda all’interno dell’area euro continua tuttavia a frenare la forza relativa della Germania. Un utile esempio è fornito dal crollo delle vendite di autovetture nell’Europa Occidentale, in discesa di oltre il 26% rispetto al2011, aquota 9865 milioni, sui minimi degli ultimi 20 anni. Il mix di austerity e recessione nella maggior parte delle economie limitrofe, ha fatto mancare per il mese di ottobre l’atteso rimbalzo del settore auto motive tedesco che nell’estate aveva invece lanciato segnali di rinnovato slancio. Anche i nuovi ordini all’industria, in discesa del 3,3% nel mese di settembre e le esportazioni, in calo di 3,40 punti percentuali su base annua, sembrano confermare le deboli aspettative economiche, sui minimi dell’ultimo biennio. Come annunciato dallo stesso cancelliere, Angela Merkel, per il 2013 non si parlerà di recessione ma di crescita allo 0,8%, in ribasso rispetto all’1,7% prima prospettato. Infine le politiche monetarie lassiste, lanciando un salvagente alle economie nella morsa del debito, hanno da un lato determinato una certa stabilizzazione dei mercati europei complessivamente parlando, ma dall’altro hanno penalizzato la Germania, che in controtendenza, per via del merito di credito di cui gode, avrebbe necessitato di tassi a livelli più alti per evitare di incrementare i flussi di denaro in entrata andando a deprimere maggiormente i tassi interni.
Lo sguardo macro rispetto al resto d’Europa rimane però positivo non solo dal punto di vista economico ma anche finanziario. Benché rispetto all’ultimo anno il Dax mostri un calo di circa il 44% di nuove società quotate, pari a10, inmerito di controvalore la flessione si ferma unicamente al 4%. Anche in termini di stabilità dei corsi azionari la locomotiva teutonica primeggia, con una volatilità storica a tre mesi del 15,40% per l’indice Dax, rappresentativo del mercato. A differenza del paniere italiano, quello tedesco è infatti composto prevalentemente da società per azioni di natura non finanziaria e, benché i principali istituti tedeschi quali Deutsche Bank e Commerzbank siano stati nel mirino della crisi del debito per la loro esposizione ai governativi PIIGS, l’indice non ha mai mostrato una performance mensile inferiore a quella dell’Eurostoxx 50, benchmark di riferimento dell’area da inizio anno. Passando la parola al mercato “assicurativo” dei Credit Default Swap tuttavia, si osserva come, a fronte di un valore in area di minimo, nell’ultimo mese sia nuovamente aumentata la richiesta di contratti di copertura dal default tedesco, il cui swap è scambiato ora a 31,98 basis point. A tale proposito diamo uno sguardo ai certificati che il mercato tedesco.
SPREAD BUND BTP
Divenuta misura convenzionale di rischio, il differenziale di rendimento tra il decennale italiano e tedesco rappresenta un elemento da tenere sotto controllo, tanto in fasi critiche che di stabilizzazione dei mercati europei. Guardando all’andamento dello spread negli ultimi tre mesi, dai 448 punti base di agosto ha impostato un trend discendente fino a toccare 311,21 a inizio ottobre. Dal valore corrente di 356,55 basis point, sosta ora sulla media di periodo. Per prendere posizione sul differenziale senza esporsi direttamente sul mercato dei future, è possibile fare ricorso ai leverage targati RBS Plc, la cui gamma sui titoli di stato sovrani comprende non solo BTP e BUND ma anche OAT francese e TREASURY statunitensi.
REVERSE BONUS CAP
Tornato a testare i massimi successivi al bottom di marzo 2009, il Dax conferma ancora una volta la propria resilienza alle fasi di risk on. I Reverse Bonus Cap di Deutsche Bank scritti sull’indice, offrono invece la possibilità di assumere una posizione contrarian, pur lasciando spazio a modesti margini di rialzo dai rispettivi valori strike. Quotati sul Sedex di Borsa Italiana i due strumenti riconoscono alla scadenza un premio dall’importo determinato all’emissione qualora l’indice non abbia registrato un apprezzamento superiore al livello barriera. In particolare, il certificato identificato da codice isin DE000DX1LMD1, fissata la scadenza per il 12 luglio 2014, sarà liquidato alla data di esercizio con un importo pari a 121,5 euro se l’indice Dax non avrà mai toccato la barriera up, posta a 7920 punti indice. In caso di evento knock out invece, il certificato perderà la sua componente opzionale, allineandosi alla performance del sottostante rispetto ad un livello iniziale posto a 6600 punti. In ogni caso alla scadenza il rimborso non potrà essere superiore a 121,5 euro. Esposto ad un prezzo lettera di 93,75 euro a fronte di un valore del Dax pari a 7137 punti, permette di assumere una posizione lateral ribassista sull’indice, con un costo d’ingresso dato dal premio pagato sulla componente lineare, equivalente al 2% dell’ipotetico prezzo d’acquisto.