STRATEGIE DI RIDUZIONE DEL RISCHIO
Il certificato dell’anno 2011, il Benchmark sulla volatilità, artefice della tenuta della strategia proposta sette mesi fa sul CJ 223
Era il 6 aprile scorso, quando su queste stesse pagine del Certificate Journal 223, evidenziando l’importanza di poter disporre di asset investibili direttamente agganciati alla volatilità del mercato europeo, presentammo per la prima volta delle strategie di portafoglio mirate alla creazione dell’alpha. L’analisi, piuttosto che a generare un ritorno aggiuntivo sull’indice di mercato, era volta a diminuire il rischio di mercato e più nel dettaglio a massimizzare il rendimento per unità di rischio.
Facendo un passo indietro, in un mercato sempre più interconnesso, si è soliti riscontrare seri problemi qualora il portafoglio necessiti di diversificazione con l’obiettivo di diminuire il beta, ovvero l’esposizione, rispetto al benchmark del portafoglio, soprattutto in contesti di mercato fortemente volatili e ribassisti come quello in corso. Osservando le varie asset class investibili, muovendo anche tra comparti differenti, si è notato come, prendendo a riferimento i principali indici azionari, solo la volatilità implicita (Vix per l’S&P 500 e il VSTOXX per l’Eurostoxx 50) ha registrato una correlazione negativa con i movimenti di mercato. Questo fa si che questa si riveli un asset da tenere sotto stretta osservazione per un suo possibile utilizzo anche in ottica di asset allocation.
Al fine di verificare l’efficacia delle strategie proposte, si è deciso di rilevare le performance dei due portafogli dopo sette mesi, in base alle ponderazioni tra volatilità (iPath ETN VSTOXX Short-Term future e iPath ETN VSTOXX Mid-Term future) e l’indice di mercato (Eurostoxx 50) ricavate attraverso la massimizzazione dello Sharpe Ratio in un back test a 5 anni; nello specifico 80% equity (Eurostoxx 50) e 20% volatilità (Short-Term) e 75% equity (Eurostoxx 50) e 25% volatilità (Mid-Term).
Come è possibile apprezzare anche a livello grafico, i due portafogli, a fronte di un -19,11% registrato dal benchmark di mercato, hanno messo a segno rispettivamente il +0,08% e il -6,36%, il tutto a fronte di una volatilità dei rendimenti (Standard Deviation) inferiore, come del resto era lecito attendersi, grazie ad una correlazione con i rendimenti di mercato inferiore a 1 e un beta rispetto al benchmark in entrambi pari a circa 0,5.
Lo scenario globale, che ha visto i principali indici azionari in forte calo, ha ovviamente influito positivamente sui corsi della volatilità, aiutando i due portafogli a registrare un significativo gap di performance rispetto al benchmark azionario. Tuttavia, è bene sottolineare come in caso di un forte incremento del mercato azionario, le performance dei due portafogli sarebbero state ragionevolmente inferiori, seppur continuando ad esprimere un rendimento per unità di rischio migliore rispetto alla sola performance registrata dall’Eurostoxx 50.
Infine, è utile soffermarsi sulla discrepanza di performance che ha interessato i due portafogli. Come già analizzato nelle pagine del CJ 225, all’epoca l’utilizzo dell’iPath ETN VSTOXX Mid-Term future (Isin DE000BC2K050) risultava in ottica di medio-lungo termine il più efficiente, in quanto consentiva di posizionarsi sulla parte media della curva di volatilità, dovendo subire gli effetti del rollover dei future sottostanti esclusivamente ogni sei mesi circa, al contrario dell’iPath ETN Short-Term future (Isin DE000BC2KZY6 ), che invece esegue rollover più frequenti. Come è lecito attendersi in casi di forti shock di mercato, la struttura della curva di volatilità, normalmente in condizione di contango, può subire non solo forti shift di prezzo ma anche cambi di inclinazione sulla parte a breve. Guardando al grafico presente in pagina, è sostanzialmente ciò che è accaduto nel corso degli ultimi sei mesi sul VSTOXX, con la parte a breve della curva addirittura in situazione di backwardation. Lo spread di prezzo, rappresentato nel pannello inferiore del grafico, mostra proprio il differente movimento della curva lungo l’orizzonte temporale, con la parte a breve che ha registrato un incremento più marcato rispetto a quella a medio termine.