RISK OFF?
Focus volatilità e impatto sulle barrier options
I mercati azionari dopo aver vissuto una delle peggiori sessioni estive degli ultimi anni, si trovano a dover far fronte ad un quadro macroeconomico tutt’altro che rassicurante. I timori di un double deep sono divenuti sempre più fondati e sia l’Europa che gli Stati Uniti, hanno ben pochi assi nella manica per stimolare la crescita delle rispettive economie. Il violento sell off dell’azionario che in poco più di un mese e mezzo ha bruciato in media il 20% della capitalizzazione dei maggiori indici, ha contribuito a far schizzare al rialzo la volatilità con conseguenti effetti avversi su quei certificati dotati di knock-out level.
Sono stati proprio i prodotti che vincolavano il loro payoff al mantenimento di una barriera invalidante a subire le conseguenze maggiori, come fu nel 2009 nel periodo post-Lehman. Infatti, se da un lato guardando ai mercati Sedex e Cert-X, si sono registrati 75 eventi barriera su un totale di 318 certificati a capitale condizionatamente protetto ( circa il 23% ), dall’altro il forte aumento della volatilità ha messo sotto pressione i prezzi di quei prodotti che ancora sono in grado di conservare tutte le opzioni accessorie presenti all’atto di emissione.
Prima di affrontare più dettagliatamente l’argomento, è opportuno guardare da vicino in che modo la volatilità abbia reagito ai movimenti di mercato. Il primo pannello del grafico mostra l’andamento del Vix (linea blu) e del VSTOXX (linea rossa), ovvero rispettivamente della volatilità implicita a trenta giorni dell’indice S&P 500 (linea nera) e dell’Eurostoxx 50 (linea verde), il cui andamento è visibile nel pannello inferiore. La correlazione tra i due asset è pressoché inversa, sintomo di come le due grandezze siano sostanzialmente speculari. A tal proposito si ricorda, come si è avuto già modo di parlare in diversi numeri del CJ, del fondamentale apporto che in ottica di gestione del rischio di portafoglio possa avere l’investimento in volatilità, divenuto di recente direttamente possibile tramite due iPath targati Barclays agganciati all’Eurostoxx 50 Volatility Short-Term e Mid-Term Futures TR Index ( Isin DE000BC2KZY6 e DE000BC2K050 ), le cui variazioni ad un mese si aggirano nell’ordine del 71% per lo Short-Term e del 24% per il Mid-Term. Aprendo una breve parentesi, è doveroso sottolineare come sull’evidente discrepanza tra i due certificati giochi un ruolo fondamentale la struttura di replica del sottostante, con lo Short-Term che ha sfruttato appieno non solo lo shift della curva ma anche il suo cambio di inclinazione della parte a breve della struttura a termine, andata addirittura in situazione di backwardation.
L’inclinazione della curva, che indica di fatto una situazione di iper-venduto, unitamente al tentativo di rimbalzo da parte delle borse, induce a un cauto ottimismo per un tentativo di recupero del terreno perso. A tal proposito i due indici di volatilità potrebbero apportare valide indicazioni circa il trend di recupero in atto, con discese sotto area 30% che darebbero man forte ai compratori. Per chiudere questa finestra intermarket, è utile monitorare anche i due indici obbligazionari di riferimento delle due aree, ovvero il T-Bond e il Bund decennale (linea arancione e linea rossa), utilizzati in fase di “risk on” per operazioni di fly to quality. Un aumento degli yields, arrivati ai minimi storici con rendimenti reali, ovvero decurtati dall’inflazione, addirittura negativi, indicherebbe un altro chiaro segno di fiducia degli investitori verso il mercato azionario.
VOLATILITA’ E BARRIER OPTIONS
“Il certo costa, l’incerto costa meno.” Questa definizione riassume perfettamente la relazione inversa tra volatilità e opzioni a barriera, ovvero quei derivati che contenuti nel portafoglio opzionale implicito ai certificati di tipo Bonus, garantiscono l’erogazione del bonus di rendimento aggiuntivo a scadenza al rispetto di un determinato livello invalidante. Il grafico visto nel paragrafo precedente, dovrebbe aver dimostrato come forti ribassi dei sottostanti provocano un netto aumento della volatilità che, propriamente, viene definita come una misura di dispersione dei rendimenti dalla media, per cui un suo aumento indica incertezza.
Il comparto bancario, che già presentava da diversi mesi una deviazione standard di gran lunga superiore alla media di mercato, ha amplificato ulteriormente questo movimento rialzista della volatilità, creando di fatto le condizioni idonee per gli strutturatori di immettere sul mercato nuovi certificati con profili di rischio rendimento estremamente vantaggiosi per gli investitori.
Sebbene le scelte degli emittenti per tale tipologia di struttura debbano sempre sottostare ad un mix di diversi fattori ( rendimento, posizionamento della barriera e durata), la strada che BNP Paribas ha deciso di seguire per il breve termine, è stata quella di strutturare prodotti con barriere molto profonde (50%) con rendimenti tuttavia oltre la doppia cifra, sfruttando proprio l’aumento consistente della volatilità che ha reso nuovamente accessibile questa tipologia di struttura dotata di simili caratteristiche.
L’ANGOLO DELLO STRUTTURATORE
Per scendere più nel dettaglio, si è deciso di prendere come riferimento il Bonus Cap targato BNP Paribas su UniCredit ( Isin NL0009526201 ) dotato di uno strike pari a 0,892 euro, una barriera posta a 0,446 euro (50%) e un bonus del 110,5% alla scadenza prevista per il 16 dicembre 2011. Nello specifico guardando alla superficie di volatilità nel tempo, alla data strike la volatilità implicita risultava essere pari all’80% (100% moneyness), contro gli attuali 71% (95% moneyness). Per vedere l’evoluzione nel tempo della stessa, andando indietro esattamente di un mese, la volatilità implicita at the money era pari al 67%, mentre due mesi prima addirittura del 39%.
Per comprendere l’impatto che tali consistenti variazioni hanno avuto sull’accessibilità della struttura presa in analisi, si è proceduto ad eseguire un pricing sia ai valori odierni di volatilità che a quelli di due mesi fa. Il risultato è stato che a fronte del corrente 99,75 euro di fair value, il costo della medesima struttura in termini di caratteristiche, calcolata con una “local volatility” al primo luglio scorso, era invece pari a 103,44 euro.
In particolare, la componente più soggetta alle variazioni della volatilità, ovvero la barrier option, è passata da un costo implicito pari a 0,14 euro di luglio, ovvero 9,1 euro a certificato, ai correnti 0,07 euro, ovvero 7,84 euro a certificato.