CJ865: Risiko bancario, si aprono le danze

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Era la sera del 17 febbraio 2020 quando Intesa Sanpaolo lanciò un’offerta per l’intero capitale sociale di Ubi Banca, con l’obiettivo di creare il settimo gruppo bancario europeo per attivi, aprendo le porte al risiko bancario italiano. A questa operazione, infatti, sembrava dovessero seguirne molte altre ma lo scoppio della pandemia avvenuto di lì a poco spostò l’attenzione su tutt’altri temi.
L’operazione si concluse con successo a luglio dello stesso anno e ora, a distanza di oltre quattro anni, il risiko bancario si è riacceso. Unicredit ha infatti lanciato un’OPS volontaria totalitaria con finalità di delisting su Banco Bpm, a sua volta impegnata nell’OPA su Anima Holding con il probabile obiettivo di arrivare in un secondo momento a MPS.
Nel corso della settimana le nostre caselle di posta elettronica sono state inondate di messaggi che chiedevano gli impatti sui certificati della fusione tra le due banche e di un eventuale aumento di capitale da parte di Unicredit finalizzato proprio a finanziare l’OPS. Ricordiamo, infatti, che sull’intero listino italiano ad oggi sono negoziati più di 1200 certificati su Unicredit e quasi 900 certificati scritti su Banco BPM che nel caso di un esito positivo di queste operazioni a carattere straordinario sarebbero interessati da un’eventuale rettifica. Tuttavia, è ancora troppo presto per fare delle ipotesi su cosa potrà avvenire ma, ricordando che in qualsiasi caso vale il principio dell’equivalenza finanziaria, ci sono diversi aspetti da considerare nell’ambito di questa operazione, a partire dal differente dividend yield delle due controparti che ha un impatto diretto sui certificati.
In questo numero, quasi interamente dedicato a questo tema, abbiamo esplorato tutte le variabili in gioco mettendo in risalto i certificati che potrebbero trarre beneficio da questa operazione, sia nel breve termine, con alcune interessati opportunità in odore di richiamo anticipato, che in ottica di portafoglio.