Banche italiane all’ennesimo crocevia, tre ragioni per una (cauta) fiducia
Più di un motivo di preoccupazione, ma anche
qualcuno per guadare con meno apprensione
alle prospettive a medio-lungo termine delle
banche italiane. Ad oggi sono tanti i punti interrogativi
tornati a impensierire le banche italiane,
con in primo luogo la soluzione della delicata
questione banche venete che potrebbe
richiedere un nuovo sforzo per Intesa Sanpaolo
& co. Inoltre, secondo i calcoli di Berenberg
servono 40-90 miliardi di euro per colmare il
buco che verrà a formarsi con rialzo dei tassi
di interesse e modelli di smaltimento dei crediti
deteriorati.
Guardando il bicchiere mezzo pieno, le banche
italiane potrebbero rappresentare un’interessante
opportunità alla luce dello sconto a
cui viaggiano rispetto ai peer europei. Il Financial
Times ha messo in fila tre distinte ragioni
che invitano a guardare con ottimismo agli istituti
italiani. Innanzitutto la convinzione che un
rialzo dei tassi di mercato aiuterà a rinvigorire
la redditività delle banche. L’altro motivo risiede
nella qualità degli asset iscritti a bilancio e
in gestione. L’ammontare di crediti deteriorati
sta gradualmente calando, con i livelli che ultimamente
si sono avvicinati a quelli pre-crisi. Al
netto degli accantonamenti il valore complessivo
dei crediti in difficoltà è sceso di 18 miliardi
di euro l’anno scorso attestandosi a 173
miliardi circa. UniCredit ha messo a punto un
piano per liberarsi, nel 2017, di un ammontare
di npl pari a quello epurato dall’intero settore
italiano l’anno prima. Le maggiori banche hanno
un tasso di copertura dei debiti in media del
6% più alto rispetto alle concorrenti europee.
In terzo luogo, il prestigioso quotidiano finanziario
rimarca come i titoli del settore scambiano
a un prezzo di sconto se confrontato con la
concorrenza. Nel complesso le banche italiane
offrono uno sconto del 20% rispetto al book
value, una percentuale più bassa, per esempio,
della Spagna.