Per Pechino non solo riforme, verso una nuova normalità a tassi zero
La Fed continua nella sua strategia volta a preparare lentamente i mercati alla prima stretta monetaria, ma le altre potenze mondiali appaiono ben lontane dal seguire l’esempio a stelle e strisce. Se per Bce e Boj è ormai conclamata la prospettiva di una politica monetaria iper-accomodante di lungo periodo, al gruppo potrebbe presto unirsi a sorpresa la Cina.
Pechino potrebbe infatti decidere di contrastare il rischio “atterraggio duro” dell’economia portando i tassi vicini allo zero. Quasi un controsenso se si pensa che stiamo comunque parlando di un’economia che viaggia a un ritmo di crescita comunque decisamente sostenuto del 6,9% a/a (dati del terzo trimestre).
Danny Gabay, ex economista della Bank of England, ritiene però la seconda più grande economia del mondo rischia grosso in termini di ulteriore rallentamento della crescita, addirittura meno della metà rispetto al 6,5% delle nuove stime a 5 anni diffuse dal premier cinese Li Keqiang. Gabay e i suoi colleghi del Fathom Financial Consulting Ltd vedono infatti un crollo a solo +3 per cento l’anno della crescita del Dragone.
Ciò significa che Pechino potrebbe avere in serbo misure disperate con la People’s
Bank of China che finirà per seguire i suoi omologhi occidentali, tagliando il suo tasso di interesse di riferimento a zero dall’attuale 4,35%, iniziare l’acquisto di asset e intervenire a sostegno delle banche. In ultimo è probabile che le autorità si affidino anche alla svalutazione dello yuan, che secondo Gabay sarà tra il 2 per cento e il 3 per cento al trimestre per i prossimi due anni per un totale di circa il 25 per cento per rinvigorire la crescita economica.
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