TITOLI AVARI SU PIAZZA AFFARI
Si scaldano i motori per la stagione assembleare ma le attese sono quelle di un ridimensionamento della cedola. Un viaggio nel mercato delle opzioni per tastare il polso al sentiment.
Dopo la decisione di Telecom di dare una corposa sforbiciata ai dividendi, sarà il comparto energetico a dare avvio nei prossimi giorni alla stagione dei Cda. Analisti e operatori di mercato sono già tuttavia ampiamente concordi nel giudicare magro il bottino per gli azionisti, vista la necessità delle società di Piazza Affari di fare cassa e trattenere in pancia più liquidità possibile. Il modesto importo stimato per la prossima stagione è infatti imputabile solo in parte all’allineamento del dividend yield con il valore nozionale corrente di ciascun titolo. Per buona parte la correzione al ribasso è da attribuire alla scelta dei consigli di amministrazione di ridurre il payout ratio, ovvero la percentuale degli utili distribuita agli azionisti e di portare avanti politiche volte alla riduzione della leva finanziaria, spinti dai continui allarmi lanciati dalle società di rating. Pochi sono infatti i nomi all’interno del paniere delle blue chip tricolore ad aver incrementato il tasso dividendo mentre vige una sostanziale parità tra quelle che hanno mantenuto un dividend yield costante e quelle che lo hanno ridotto pur in presenza di una “buona annata” su Piazza Affari. La prevalenza della prudenza sulla generosità secondo gli analisti interpellati da Milano Finanza porterà ad uno stacco complessivo di 12,5 miliardi sui 40 titoli sottostanti l’indice FTSE Mib contro i 13,3 distribuiti lo scorso anno. Il mercato delle opzioni segnala inoltre un rendimento medio sulle blue chip che staccheranno un dividendo, pari al 2,42% contro il 3,83% dello scorso anno ( rispetto ai prezzi di chiusura di ciascun titolo rilevati in data 1 marzo 2012). Numeri alla mano, tenuto conto di un rendimento sul decennale italico pari al 4,45% e delle dovute differenze tra le tipologie di investimento, secondo gli analisti di Bloomberg sono 36 le società di Piazza Affari dalle quali è possibile attendersi un profitto da dividendo superiore a quello riconosciuto da un BTP per l’anno in corso. Focalizzando tuttavia la nostra attenzione sul paniere del FTSE Mib, tastiamo il polso del sentiment sulla prossima stagione dei dividendi attraverso il mercato delle opzioni.
I MONITORATI SPECIALI
Continuano a primeggiare per il più elevato rendimento da dividendo atteso, con un tasso pari rispettivamente al 6,43%, al 5,71%, le società A2A ed Eni. Gli investitori stimano quindi sia per l’utilities che per il titolo petrolifero una tenuta del tasso garantito lo scorso anno. Da osservare tuttavia come nel caso di A2A, il valore di borsa dell’azione si sia ridotto di oltre un terzo mentre nel caso di Eni, la quotazione è rimasta sostanzialmente invariata. Raddoppia invece la stima dell’importo staccato da Buzzi Unicem, il cui annuncio è previsto per il 28 marzo, passando da cinque a dieci centesimi per azione. A fronte di un apprezzamento del titolo della big del cemento del 22% dal primo marzo 2012 al 12 febbraio 2013, la stima del rendimento atteso da dividendo passa dallo 0,6% all’1% sulla base dei dati presi a riferimento. Da segnalare poi la terza società a salire sul podio per il più alto rendimento atteso da dividendo. Per la utilities elettrica Terna si stima infatti la conferma dei 0,2 euro erogati in due tranche ( saldo a giugno del dividendo 2012 e acconto a novembre di quello 2013), pari ad un rendimento di circa il 6,2%. Divergono invece le stime degli analisti con il mercato delle opzioni in merito al dividendo di Azimut, il cui annuncio è previsto il prossimo 7 marzo. Gli operatori sul campo scontano infatti un tasso implicito dell’1,85%, equivalente a 0,2333 euro. Secondo gli analisti invece, in virtù di un rialzo di borsa della società di risparmio gestito pari al 76%, gli investitori beneficerebbero di un importo pari a 30 centesimi per azione, ovvero cinque in più di quanto staccato negli ultimi dodici mesi. In ogni caso il dividend yield passerebbe dal 3,49% al 2,38%. Da tenere sotto osservazione anche il titolo Impregilo, in recupero di oltre metà del suo valore dalla rilevazione dello scorso marzo, grazie allo sprint indotto dall’Opa lanciata del costruttore romano Salini. A fronte di un dividendo stimato all’interno di una forchetta compresa tra i 9 centesimi degli analisti e i 6 del mercato delle opzioni, si attende infatti lo stacco di un maxi dividendo la prossima primavera grazie alla vendita della compagnia brasiliana Ecorodovias. E’ infine notizia dell’ultima ora la conferma del dividendo a 0,68 centesimi per Saipem. Dopo la débacle finanziaria di fine gennaio, l’Ad Vergine ha disatteso quanto annunciato nei giorni scorsi, ovvero di voler mantenere costante il payout ratio, mantenendo invece fermo l’importo. Si raddoppia così il tasso dividendo rispetto all’esercizio precedente.
LE MAGLIE NERE
Scampato l’annus horribilis, numerose sono le società che al fine di preservare la propria struttura finanziaria hanno sbarrato l’accesso agli utili 2012. Telecom e Enel, svettano in cima alla lista nera dei titoli meno generosi. Entrambe le big, care agli investitori italiani per il loro consolidato ricco importo dividendo, hanno infatti annunciato un forte taglio al tasso atteso. La prima è stata Enel con una nota dello scorso 27 dicembre ad annunciare la mancata distribuzione di un acconto per i dividendi maturati nel 2013 e quindi un unico stacco il prossimo giugno, dall’importo atteso a 0,137 euro, equivalente ad un rendimento del 4,63% a fronte dell’8,5% maturato lo scorso anno. All’utilities ha fatto eco lo scorso 8 febbraio il management di Telecom comunicando il dimezzamento della cedola fin dal 2013, che passa così a 0,0197 euro per azione. Immediata la reazione negativa su Piazza Affari per il leader della telefonia italiana con un minimo intraday alla data di annuncio a 0,6345 euro, in calo rispetto alla chiusura precedente del 5,72%. Si attende effettui una scelta diametralmente opposta il board di Lottomatica, con la conferma di un importo dividendo pari a 70 centesimi per azione. Tuttavia, l’apprezzamento del valore dell’azione di oltre il 40% porta ad un rendimento atteso da dividendo pari al 3,84% rispetto al 5,51% precedente. Dopo che lo scorso anno la proprietà francese ha aperto i forzieri di Parmalat con uno stacco complessivo di 10 centesimi per azione, a fronte di un valore di borsa del titolo della compagnia emiliana pressoché invariato rispetto a marzo 2012, il mercato taglia le stime del dividendo implicito a soli due centesimi per azione. Le stime degli analisti rimangono tuttavia a quota 0,047 euro.
LA RIPRESA DEL SETTORE FINANZIARIO
Del fornito ventaglio di titoli appartenenti al settore finanziario di cui dispone il paniere sottostante all’indice di Piazza Affari, continuano a mantenere chiusi i rubinetti Monte dei Paschi, Banca Popolare di Milano e Banco Popolare mentre si attende mantengano stabile l’importo dividendo a 5 centesimi sia Intesa Sanpaolo, che annuncerà i risultati il prossimo 5 marzo e Ubi Banca, lasciando invariato assieme all’importo assoluto anche il rendimento relativo. La possibilità ventilata dall’Ad Ghizzoni di tornare a staccare di nuovo la cedola, ha incrementato le attese degli analisti per un dividendo di Unicredit dopo il passaggio a vuoto del 2012. Anche il mercato delle opzioni sconta tale possibilità con un importo implicito pari a 6,5 centesimi per azione. Anche per Assicurazioni Generali e Mediobanca si attende un ritorno ai livelli pre austerity imposti lo scorso anno. Dai 20 centesimi staccati dalla stock assicurativa l’esercizio passato, si passerebbe ai 30,7, avvicinandosi così ai 0,45 euro staccati nel 2011. Stesso trend per Mediobanca, che dopo aver tagliato il dividendo nel2012 a5 centesimi, secondo le stime dovrebbe tornare a pagare 16 centesimi, allineandosi così con i 0,17 euro staccati nel 2011.
In conclusione, si lascia al lettore il compito di valutare il sentiment del mercato in base al proprio profilo di investimento, tenuto conto che, tanto maggiore è l’importo dividendo stimato, tanto inferiore sarà il costo di strutturazione dei certificati, lasciando all’emittente la possibilità di creare strutture, a parità di altre condizioni, più allettanti rispetto a quelle scritte su titoli “avari” di dividendi.