IL PESO DEL CAP SUI BONUS A BARRIERA VIOLATA
Semplice equazione: Bonus Cap a barriera violata uguale benchmark, ma non scordiamoci del cap!
Sebbene l’industria dei certificati di investimento dotati di barriera invalidante abbia retto meglio in quest’ultima crisi dei mercati azionari, rispetto al periodo a cavallo tra il 2008 e il 2009, allorché il cosiddetto tsunami delle barriere provocò la rottura di queste per il 75% dei certificati allora in quotazione, il numero di eventi barriera su sottostanti bancari e sugli indici più venduti nell’ultimo anno è stato in ugual modo significativo. Tuttavia, rispetto al passato, l’utilizzo di barriere discrete a scadenza o la presenza del Cap all’interno delle strutture, ha permesso di ridurre i danni o di creare potenziali opportunità di investimento. Se la didattica ci insegna infatti che un certificato di tipo Bonus, una volta violata la barriera diventa a tutti gli effetti un clone del sottostante, ovvero un benchmark a replica lineare, nella pratica qualora il certificato stesso sia provvisto di Cap questa affermazione risulta quantomeno impropria.
E’ infatti necessario ricordare che a seguito della violazione della barriera, la struttura opzionale perde l’opzione esotica responsabile del Bonus, ma non la short call con la quale si identifica il Cap. Un elemento questo a volte trascurato anche perché può ritenersi ragionevolmente raro vedere un sottostante perdere prima mediamente il 30/35% del proprio valore iniziale e poi recuperarlo successivamente. Ma se ciò accade, il ruolo del Cap gioca un fattore di rilievo, anche dal punto di vista prettamente operativo, capace di generare interessanti opportunità sul teorico rimborso a scadenza in uno scenario rialzista del sottostante, in virtù degli effetti derivanti dalla posizione corta su una call con strike pari al cap-level. Questo avviene perché man mano che i corsi del sottostante si avvicinano allo strike di tale opzione, essa inizia ad esercitare effetti negativi sulla reattività del certificato.
BONUS CAP SU CREDIT AGRICOLE
Per toccare con mano quanto descritto, prendiamo in esame il Bonus Cap a barriera violata su Crédit Agricole targato BNP Paribas (Isin NL0009527761), con scadenza prevista per il 15 marzo 2013, protagonista di una delle opportunità individuate dal CedLAB. Il sali e scendi del comparto bancario europeo non ha risparmiato il titolo francese, capace di violare prima la barriera posizionata a quota 2,8842 euro (-40% dallo strike iniziale), e successivamente di inanellare una serie di rialzi che lo hanno portato a toccare i 6 euro, prima di attestarsi all’attuale prezzo di 5,55 euro (+92,42% dal livello invalidante). Perfettamente rispettata la correlazione lineare tra il sottostante e il certificato a partire dal giorno in cui si è verificato l’evento knock-out (29 maggio 2012), come è possibile notare dal grafico normalizzato presente in pagina, fino a che i prezzi di Crédit Agricole (linea gialla) si sono avvicinati al livello Cap, con le quotazioni che da quel momento in poi hanno visto divergere lo spread di rendimento tra i due asset.
Ad ulteriore riprova di quanto finora affermato, scendiamo ora nel dettaglio andando ad analizzare la struttura opzionale implicita allo strumento, oggi composta, dopo l’uscita dell’opzione esotica (barrier options) in seguito all’evento barriera, da una semplice call con strike pari a zero e da una short call con strike pari a 5,86 euro. In virtù dei correnti 5,55 euro del sottostante, il valore corrente del portafoglio opzionale risulta pari a 5,03 euro, a sconto quindi del 10,33%, quindi con un fair value del certificato pari a 104,63 euro in linea con il mid-price delle proposte denaro-lettera del Market Maker al Sedex.
In base a quanto osservato nel corso dell’ultima settimana, lo sconto sul teorico valore di rimborso tende a crescere quando il sottostante sale verso il livello Cap, mentre decresce all’allontanarsi dello stesso. Pertanto, tale rilevazione empirica risulta in linea con quanto ci si poteva attendere visto l’effetto maggiore, in termini penalizzanti di delta, che esercita progressivamente la short call al crescere del sottostante, riscontrabile anche guardando l’evolversi del payoff nel tempo del portafoglio opzionale implicito al Bonus Cap.