VOLATILITA’: DA VARIABILE AD ASSET
La strategia Equity più volatilità continua a battere il mercato
Dopo aver analizzato, sette giorni fa, l’impatto della volatilità sul panorama dei certificati di investimento, con particolare riguardo alle strutture contenenti opzioni esotiche, ci concentreremo questa settimana sulla relazione inversa che lega l’andamento della volatilità e quello del sottostante. Come vedremo, nelle fasi fortemente negative dei corsi azionari, tale caratteristica rende la volatilità un elemento utile anche come asset investibile in ottica di gestione del rischio di portafoglio.
Andando per ordine, per vedere più nel dettaglio la correlazione negativa con l’equity, invitiamo il lettore a far riferimento ai due grafici che mettono in relazione l’andamento dei principali indici di volatilità in scia alla crisi che ha investito i PIIGS europei. In particolare la volatilità implicita del FTSE Mib che, dopo il rialzo degli ultimi giorni scende in area 33%, e quella del principale indice europeo (Eurostoxx 50) che si attesta al 26% contro l’S&P 500 americano poco distante dai suoi minimi a quota 18%. Entrando più nello specifico, ancor più esaustivo è il grafico che mette in relazione l’andamento del sottostante e dell’indice di volatilità implicita ad esso riferito. Stiamo parlando in modo particolare dell’Eurostoxx 50 (linea nera) messo in relazione con l’indice VSTOXX (linea rossa).Ora, facendo un passo indietro, iniziamo con l’affermare come la volatilità, soprattutto nel panorama dei certificati di investimento, rivesta un ruolo molto importante in quanto da un lato influisce sulle scelte degli emittenti nella fase di strutturazione e dall’altro sui prezzi dei certificati già emessi e scambiati sui mercati regolamentati.
Tuttavia è proprio sulla caratteristica di asset decorrelato dal mercato, che vogliamo oggi porre nuovamente l’attenzione, in quanto la stessa volatilità può essere considerata anche come elemento indispensabile in ottica di gestione del rischio, grazie anche all’innovazione di prodotto che ha portato alla nascita dei due ETN iPath VSTOXX targati Bacrlays.
INVESTIRE SULLA VOLATILITA’
Era il 6 aprile 2011, quando su queste stesse pagine del Certificate Journal 223, evidenziando l’importanza di poter disporre di asset investibili direttamente agganciati alla volatilità del mercato europeo, presentammo per la prima volta delle strategie di portafoglio mirate alla creazione dell’alpha. L’analisi, piuttosto che a generare un ritorno aggiuntivo sull’indice di mercato, era volta a diminuire il rischio di mercato e più nel dettaglio a massimizzare il rendimento per unità di rischio.In un mercato sempre più interconnesso, si è soliti riscontrare seri problemi qualora il portafoglio necessiti di diversificazione con l’obiettivo di diminuire il beta, ovvero l’esposizione, rispetto al benchmark del portafoglio, soprattutto in contesti di mercato fortemente volatili e ribassisti come quello in corso. Osservando le varie asset class investibili, muovendo anche tra comparti differenti, si è notato come, prendendo a riferimento i principali indici azionari, solo la volatilità implicita (Vix per l’S&P 500 e il VSTOXX per l’Eurostoxx 50) abbia registrato una correlazione negativa con i movimenti di mercato.Questo fa si che proprio la volatilità si riveli un asset da tenere sotto stretta osservazione per un suo possibile utilizzo anche in ottica di asset allocation. Al fine di verificare l’efficacia delle strategie proposte, si è deciso di rilevare le performance dei due portafogli dopo sette mesi, in base alle ponderazioni tra volatilità (iPath ETN VSTOXX Short-Term future e iPath ETN VSTOXX Mid-Term future) e l’indice di mercato (Eurostoxx 50) ricavate attraverso la massimizzazione dello Sharpe Ratio in un back test a 5 anni; nello specifico 80% equity (Eurostoxx 50) e 20% volatilità (Short-Term) e 75% equity (Eurostoxx 50) e 25% volatilità (Mid-Term). Come è possibile apprezzare anche a livello grafico, dallo scorso 6 aprile, i due portafogli, a fronte di un -19,66% registrato dal benchmark di mercato, hanno accusato una flessione del 9,44% e dell’8,81%, il tutto a fronte di una volatilità dei rendimenti (Standard Deviation) inferiore, come del resto era lecito attendersi, grazie ad una correlazione con i rendimenti di mercato inferiore a 1 e un beta rispetto al benchmark in entrambi pari a circa 0,5.
FORWARD: VOLATILITA’ ELEMENTO PREDITTIVO
Sulle discrepanze di performance tra i due portafogli giocano un ruolo chiave i due diversi profili di indicizzazione sul VSTOXX, con lo Short-Term in grado di replicare la volatilità a breve termine ovvero il primo contratto sul VSTOXX quindi con rollover su base mensile, e il Mid-Term che posizionandosi sulla curva di volatilità a sei mesi, effettua rollover semestrali con un’incidenza inferiore rispetto agli shift della curva e quindi maggiormente indicato per gestioni di portafoglio nel medio termine.
Analogamente lo Short-Term risulterà più adatto per sfruttare movimenti di breve termine della volatilità, come è possibile apprezzare anche dall’andamento della curva forward sul VSTOXX nel tempo, con lo shift della parte a breve decisamente più marcato della parte a medio termine.
Considerato che l’acquisto di volatilità rappresenta un elemento di protezione, l’osservazione del livello della curva forward può svolgere anche una funzione predittiva, dal momento che la stessa riflette le correnti aspettative degli operatori rispetto all’equity di riferimento.
L’attuale spread tra la parte a breve e quella a lunga, con un effetto contango ridotto rispetto al passato unitamente al dato inerente l’ammontare delle posizioni aperte sul VSTOXX, sono elementi che suggeriscono che una parentesi rialzista dei corsi azionari potrebbe essere alle porte.