Bonus Cap: Tra Volatilità ed Ottimizzazione
I nuovi Bonus Cap all’esame del CED|Probability
Nonostante la volatilità dei principali indici azionari sia presto tornata sui suoi minimi storici, gli emittenti, a fronte di un prolungamento dell’orizzonte temporale di investimento e di un adeguato stock picking, proseguono con non poche difficoltà a proporre sul mercato certificati di tipo Bonus Cap.
La struttura è tra quelle che maggiormente si contraddistingue per un’efficiente ottimizzazione del rapporto rischio-rendimento, ed è stata infatti la prima a subire le ripercussioni maggiori nei periodi, come quello attuale, caratterizzati da una bassa volatilità.
Non a caso, i sottostanti prescelti per queste nuove emissioni appartengono nella maggior parte dei casi al settore bancario, comparto che storicamente si contraddistingue per una volatilità (Imply Vol Eurostoxx Banks: 27,92%) nettamente superiore rispetto ai canonici indici di mercato (Imply Vol Eurostoxx 50: 20,2%).
Si ricorda come in fase di emissione, più la volatilità di mercato del sottostante è alta e maggiori sono i margini di manovra che gli strutturatori hanno a disposizione per ottimizzare il profilo di rischio-rendimento del prodotto; trade-off che ha un’influenza diretta sul posizionamento della barriera e nella determinazione del bonus.
Pertanto la volatilità , congiuntamente a questi livelli base della struttura, influiscono sul costo complessivo dell’opzione barriera contenuta nel portafoglio implicito al certificato, la quale, per propria natura, si contraddistingue per un vega negativo.
TUTTO HA IL SUO PERCHE’
Come detto in precedenza, è sostanzialmente la volatilità del sottostante la variabile che gioca un ruolo fondamentale nella strutturazione del certificato.
L’ultima doppia emissione di Bonus Cap Certificate, portata di recente al Sedex da Macquarie e da BNP Paribas, ci offre lo spunto necessario non solo per tornare a parlare di tale struttura, ma anche per mettere in relazione strumenti con tipologia di barriera e scadenza differenti.
Per valutare diverse caratteristiche delle due emissioni, soprattutto in termini di rischio, si è scelto di utilizzare come driver di riferimento il CED|Probability: in particolare, attraverso una simulazione “at any time“ per la barriera continua dei Bonus Cap firmati Macquarie, e una “at end” per la barriera terminale di quelli targati BNP Paribas (fatto salvo per le prime tre proposte in tabella dotati di barriera continua), il CED|Probability è l’unico strumento in grado di sintetizzare al meglio proprio l’esposizione al rischio, valutando di fatto le probabilità di successo dell’investimento a scadenza.
Sul valore assunto da tale indicatore, giocano poi un ruolo fondamentale non solo i livelli iniziali, ma anche la durata residua e i dividendi distribuiti dal sottostante nel periodo di vita del certificato.
Proprio la distribuzione degli utili è uno degli elementi che influenza in maniera significativa la durata dell’investimento. Infatti, prendendo a mero titolo esemplificativo due diversi strumenti scritti sul medesimo sottostante, è possibile verificare come nel certificato con la scadenza più lontana il peso della componente lineare, ovvero della call strike zero, scende progressivamente in virtù dell’ammontare dei dividendi distribuiti dall’underlying. Tale minor costo è stato di fatto riversato in parte sull’opzione put barrier di tipo Down&Out con barriera terminale, più cara rispetto alla classica “continua”, nonché sullo strike della short call per il cap sul bonus di rendimento prospettato.
In conclusione, questa doppia serie di Bonus Cap merita sicuramente di essere tenuta sotto stretta osservazione, dal momento che tutte le proposte analizzate si caratterizzano per livelli di probabilità in media pari all’86%, consentendo accesso a un ventaglio variegato di relazioni rischio-rendimento e di sottostanti, come la francese Lafarge, che per la prima volta vengono utilizzati come underlying per questa categoria di Certificates.