La Fed cambia copione, non la sostanza
L’inflazione c’è e anche la Fed è costretta a rivedere al rialzo le stime sui prezzi negli Usa. L’attesa riunione del Fomc, il comitato di politica monetaria della banca centrale statunitense, per la prima volta accompagnata da una conferenza stampa volta ad aumentare la trasparenza, ha ulteriormente chiarito le intenzioni per il prossimo futuro. Sarà ancora una Fed ultra-accomodante che non intende mettere mano ai tassi ancora a lungo e porterà a termine come previsto il programma di acquisti di bond da 600 miliardi di dollari.
Nessuna sorpresa, dunque, con Bernanke che ha tolto ogni dubbio su un possibile rialzo dei tassi a breve termine in quanto la crescita dell’economia Usa è ancora troppo debole. L’aumento dell’inflazione, seppur ritenuto temporaneo, deve essere tenuto sotto stretto controllo. Sono state riviste le stime su Pil, inflazione e disoccupazione per il prossimo triennio. La Fed ha alzato le stime di inflazione tagliando al contempo la view sulla crescita economica. Il tasso di crescita dei prezzi nel 2011 è visto nel range 2,1-2,8%, al di sopra della precedente stima 1,3-1,7% (il Pce core 2011 è visto all’1,3-1,6%, da 1-1,3%), mentre la crescita economica a stelle e strisce nel 2011 è attesa tra il 3,1 ed il 3,3%, dal precedente 3,4-3,9%. Maggiore ottimismo sul mercato del lavoro con tasso di disoccupazione visto più basso rispetto a quanto preventivato in precedenza. Intanto sono arrivati i dati relativi al primo trimestre 2011 con il prodotto interno lordo statunitense salito dell’1,8% annualizzato (in linea con le attese) dopo il +3,1% del trimestre precedente.
Se da un lato i mercati azionari hanno accolto con favore l’operazione trasparenza della Fed (il Dax tedesco è andato all’attacco dei massimi 2011), sul valutario si è fatta sempre più marcata la crisi del dollaro. Il dollar index, l’indice che misura l’andamento del biglietto verde contro un basket di sei valute, ha toccato i minimi dal luglio 2008 con un calo di oltre 1 punto percentuale in meno di 24 ore.
Debolezza del dollaro che non ha mancato di contribuire al nuovo spunto rialzista delle materie prime con i nuovi massimi assoluti toccati dall’oro. Situazione che rischia di diventare un boomerang per Bernanke: la politica della stessa Fed sta infatti alimentando la bolla sulle materie prime facendo vacillare l’assunto di inflazione temporanea che ormai da mesi Bernanke sta portando avanti per giustificare la ritrosia ad attuare una politica monetaria meno espansiva.